venerdì 3 aprile 2015

SCRIPTA MANENT

Nell’elogio del materiale sull’immateriale non posso non parlare della scrittura.
Gli esseri umani primitivi, così scarsamente dotati fisicamente, sono sopravvissuti grazie alla comunicazione. Non è stata la posizione eretta, tantomeno il pollice opponibile a fare la differenza, ma la nostra capacità di sviluppare una comunicazione complessa, un linguaggio in grado di aiutare il nostro simile a sopravvivere trasmettendo informazioni e conoscenza.
Anche le formiche lo fanno. Già. Ma le formiche per trasmettere questa conoscenza devono toccarsi, o quanto meno vivere nello stesso luogo, o quanto meno nello stesso tempo! E forse hanno meno cose da dirsi. Gli uomini invece, prima hanno sviluppato la comunicazione e poi hanno studiato dei modi per comunicare nel tempo, lasciando tracce che sono diventate disegni che sono diventate storie, prima per immagini e poi con le parole.
Nessun altra specie di questo pianeta è in grado di comunicare con i suoi simili del futuro come facciamo noi, e nessun’altra specie è in grado di mandare un messaggio così lontano come facciamo noi. 
Il potere e il valore del nostro pensiero è così grande perché abbiamo trovato il modo di esprimerlo, poi diffonderlo, ed infine di tramandarlo.


Le specie animali e vegetali del pianeta possono contare solo su ciò che è scritto nel loro DNA e su quel che la vita riserverà loro, come individui. Noi invece abbiamo accesso anche a tutto quello che nel nostro DNA non ci sta, la conoscenza di migliaia di altri individui che mettono a nostra disposizione esperienze che noi non faremo mai, attraverso la scrittura.
Poter imprimere su un materiale sufficientemente longevo informazioni come rimedi per le malattie, racconti di viaggio, quantità e misure, ipotesi e soluzioni, musica e poesia, ci ha permesso di sopravvivere e dominare.



E’ forse per questo senso di… soluzione, potere, utilità e nobiltà, che diamo alla comunicazione e alla scrittura un valore incalcolabile, una speranzosa fiducia, come unico rimedio, non tanto alla morte, quanto all’orrore dell’idea di non essere mai esistiti.

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